Il Problema della Lingua, Un’Insegnante e Uno Hobbit.

La decisione era presa. Il passaggio successivo era incominciare a fare, e cioè scrivere. Non era facile.
Primo, non avevo idea di come si facesse.
Secondo, la mia idea era scrivere per qualcuno, cioè perché mi leggessero, quindi si presupponeva una certa preparazione.
So che oggi può sembrare strano, visto che lo fanno un po’ tutti ma allora la mia percezione era diversa. Non ti mettevi a riparare una macchina se non sapevi dove mettere le mani. La portavi a un meccanico. Ecco, più o meno era lo stesso.
Quindi dovevo imparare. Ma dove?
Oggi è pieno di corsi di scrittura creativa, nel 1970 no.
A scrivere si imparava a scuola. E poi c’era il problema della lingua, una cosa non da poco. Mi capitò di parlarne con zia Clotilde e saltò fuori che una sua vecchia amica, Gloria, una signora dai capelli bianchi di origine scozzese, insegnava in una scuola lì vicino e – zia ne era certa – per qualche dollaro sarebbe stata disposta a darmi lezioni private la sera.
E così fu. Iniziai a vedere Gloria ogni martedì e giovedì sera. Da principio fu un semplice corso di lingua inglese. Ma a poco a poco i mesi passavano, io imparavo e Gloria si impegnava sempre di più nello scegliere i brani che avrei dovuto leggere. Ricordo filastrocche, poesiole per bambini all’inizio; poi veri e propri testi di letteratura. La maggior parte mi annoiavano a morte.
Ogni tanto però capitava qualcosa che risvegliava la mia attenzione. Ricordo che mi colpì un brano da Ivanhoe. Quando Gloria se ne accorse, mi chiese (non l’aveva mai fatto) che cos’avessi intenzione di scrivere. Io le mostrai timidamente il libro della McCaffrey. Lei si appuntò il titolo e il nome dell’autrice e qualche altra nota che non ricordo.
Sta di fatto che, la lezione successiva, si presentò con un libretto sotto braccio. Era una vecchia edizione, un po’ malandata, eccola qui:

8747020503

Come immaginerete, il titolo non mi disse nulla se non che esisteva un’altra parola di cui non conoscevo il significato. Ma il brano che mi fece leggere…quello era straordinario. Iniziava così:

In a hole in the ground there lived a hobbit. Not a nasty, dirty, wet hole, filled with the ends of worms and an oozy smell, nor yet a dry, bare, sandy hole with nothing in it to sit down on or to eat: it was a hobbit-hole, and that means comfort. It had a perfectly round door like a porthole, painted green, with a shiny yellow brass knob in the exact middle. The door opened on to a tubeshaped hall like a tunnel: a very comfortable tunnel without smoke, with panelled walls, and floors tiled and carpeted, provided with polished chairs, and lots and lots of pegs for hats and coats – the hobbit was fond of visitors. “

Potete capire il mio stupore.
Immagino abbiate provato lo stesso, la prima volta che avete letto Tolkien.